La storia del nostro Hotel
Nei primi anni ’80, la famiglia Frustagatti acquistò la Chiesa di San Benedetto, edificata nel XIII secolo. Congiuntamente acquistò palazzo Berti Marini del XVI secolo e altri appartamenti, connessi, nel centro storico di Todi. È così che nacque l’idea di fondare l’Hotel Fonte Cesia, il nostro albergo a Todi. I lavori di restauro durarono dal 1987 al 1994.
Il restauro dell’Hotel
Il giardino delle Fonte Cesia è stato totalmente ripulito ed è stata consolidata la Fonte Cesia da dietro. Scavando sono stati trovati 5 pozzi cisterne pieni di mattoni e senza acqua. Due pozzi cisterne sono stati chiusi, mentre negli altri tre, appena ripulite tutte le fogne e rifatte, è riaffiorata l’acqua. All’ingresso dell’hotel abbiamo la mappatura di tutti i pozzi cisterne di Todi, che sembrano essere comunicanti e sembra portino alla Chiesa di San Fortunato.
Gli speleo sub di Todi hanno fatto un’immersione per vedere se ci fossero uscite, ma in realtà non ci sono. Sempre durante lo scavo è stata trovata una grande cisterna perfettamente conservata. Alla base di essa ci sono varie anfore quasi totalmente intatte, in alto ci sono due bocche da cui usciva acqua. Dietro a questa cisterna c’è un cunicolo e all’altezza della cisterna un rubinetto, si suppone fosse un allevamento di pesci, poiché dai disegni dell’archivio storico si evince che dove stava la Fontana della Rua vi fosse una pescheria.
Dove ora è collocato il bar è stata spostata totalmente la scala e chiusa una via che tagliava i due palazzi e che conduceva in via Cavour. In una nicchia murata del ristorante Le Palme è stato ritrovato un calice e delle ostie, polverizzatesi appena riaperta, si pensa vi fosse un convento visto che è stata trovata anche una grande pietra e un’acquasantiera e nella hall un altare.
Il restauro della Chiesa di San Benedetto
Sicuramente anche vicino alla Chiesa c’era un convento in quanto vi erano inginocchiatoi e delle feritoie sulla parete, probabilmente un convento di clausura. Durante il restauro della Chiesa, furono rinvenuti 2 ossari di cui uno, il più grande, fu ripulito dalla curia essendo pieno di lapidi in travertino e ossa di vescovi. Il campanile fu spostato dalla parte dell’altare al lato opposto, per il rinnovo sono stati recuperati tutti i materiali originali. Sulla parete di fondo è stato rinvenuto e restaurato un affresco raffigurante la “Madonna del latte” contornata da tre angeli laterali, si tratta di un dipinto tardo-trecentesco che P. Scarpellini attribuisce al pittore tuderte Nicolò Di Vannuccio.